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Giovane picchiato, 20enne confessa

Verona, sarebbe un ultras neofascista

La polizia ha fermato un giovane per l'aggressione del 29enne picchiato da un gruppo di balordi in centro a Verona la notte del 1° maggio.

Il fermato è un ultras neofascista di circa 20 anni e ha confessato davanti al pubblico ministero Rombaldoni. Secondo quanto si apprende, il ragazzo era già stato responsabile di aggressioni a sfondo razzista e violenze negli stadi. Altri due aggressori sarebbero scappati all'estero.

Il giovane, che sarebbe di una famiglia benestante della città, si è costituito presso la Digos di Verona dopo che i poliziotti avevano stretto il cerchio attorno a lui. Accompagnato da un avvocato di fiducia, il ragazzo ha confessato davanti ai magistrati: quindi è stato condotto in carcere a Montorio. In passato, a quanto si è appreso, era stato sottoposto a Daspo.

La polizia è arrivata al giovane indagando su "ambienti politicizzati" della città scaligera sui quali la stessa Digos aveva chiuso un'indagine pochi mesi fa. Indagine che aveva portato all'iscrizione nel registro degli indagati di 17 giovani resisi responsabili di aggressioni analoghe, di stampo razzista, a quella in cui à rimasto vittima il tecnico 29enne.

Sarebbero inoltre stati individuati dalla polizia ma sarebbero già fuggiti all'estero, a quanto si apprende negli ambienti investigativi, altri due giovani che la notte del primo maggio hanno partecipato all'aggressione.

Il ragazzo vittima dell'aggressione (per il solo fatto di non aver offerto una sigaretta) è tuttora in coma all'ospedale di Verona: le sue condizioni sono stabili ma gravissime. Le indagini proseguono per identificare gli altri membri del branco.

L'avvocato: "Non voleva uccidere"
Di certo non voleva uccidere e si sarebbe trattato di una lite degenerata quella avvenuta a Verona la notte tra il 30 ed il primo maggio a Verona. Lo apprende l'Adnkronos dal legale del giovane, sulla cui identità gli investigatori mantengono il massimo riserbo, che si è presentato in Questura insieme al penalista confessando di aver preso parte al pestaggio. Il ragazzo è stato sentito dal pm e poi rinchiuso nel carcere di Montorio. Si attende un nuovo interrogatorio, ha spiegato il legale, e sopratutto la contestazione del reato; l'accusa infatti potrebbe sfociare in omicidio volontario o preterintezionale qualora la vittima del pestaggio, per le gravi ferite riportate, non ce la faccia a sopravvivere.

Il sindaco di Verona:"Non siamo una città fascista"
"Verona non è una città fascista né è neofascista la stragrande maggioranza dei veronesi". Lo afferma il sindaco Flavio Tosi, commentando gli sviluppi dell'inchiesta sul pestaggio in città di Nicola Tommasoli. "Se il sistema penale e giudiziario italiano fosse adeguato ai tempi che viviamo, e quindi più rapido, meno buonista e più severo nell'erogare pene certe un episodio come l'aggressione a Nicola probabilmente non sarebbe accaduto" prosegue Tosi, riferendosi al fatto che i tre giovani individuati dalla Digos erano già noti ed erano stati denunciati alla magistratura come autori di violenze e pestaggi.

"Non è colpa dei singoli magistrati, ma del sistema - insiste il sindaco di Verona -. A volte basterebbero anche pochi giorni di carcere per far capire al bullismo giovanile che c'è una punizione, mentre oggi i bulli sanno che le loro violenze restano sostanzialmente impunite". "Cinque brutali teppisti neofascisti come quelli che hanno massacrato Tommasoli - conclude -  non hanno nulla a che fare con le migliaia di bravi ragazzi che popolano ogni sera il centro di Verona. Né possono far etichettare questa città come fascista, come vorrebbe chi non la conosce".