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Gravina, scarcerato Pappalardi

Gip di Bari dispone domiciliari

Filippo Pappalardi, il padre di Ciccio e Tore, i due fratellini di Gravina, potrà tornare libero ma dovrà restare agli arresti domiciliari.

Lo ha deciso il gip di Bari, Giulia Romanazzi, la quale ha mutato i capi d'accusa per Pappalardi: venute meno le contestazioni di sequestro di persona e occultamento di cadavere mosse dalla procura con l'arresto dell'uomo, nel novembre 2007. Ora si procede per reato di abbandono seguito da morte.

La nuova ipotesi di reato avanzata dal gip si basa sul fatto Ciccio e Tore, la sera della scomparsa, il 5 giugno 2006, furono visti da un testimone mentre salivano sull'autovettura del padre. "Vi è quindi l'abbandono - ha spiegato il presidente della sezione gip Giovanni Leonardi - perché l'indagato solo due ore dopo essere stato visto con i figli ha raggiunto il commissariato di polizia, senza fare alcuna denuncia". Quest'ultima fu presentata solo il giorno dopo dalla mamma di Ciccio e Tore, Rosa Carlucci, mentre l'indagato si recò invece, come ogni giorno, al lavoro.

Cosa prevede la nuova accusa
L'art.591 del codice penale si occupa "dell'abbandono di persone minori o incapaci" e riguarda "chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere la cura".

Al comma 3 dello stesso articolo, il codice penale prevede la pena della reclusione da uno a sei anni "se dal fatto deriva una lesione personale", e da tre a otto anni "se ne deriva la morte". "Le pene sono aumentate - si conclude - se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato".

"Fu l'ultimo a vedere i bambini"
Fu Pappalardi a vedere per l'ultima volta Ciccio e Tore in piazza delle Quattro Fontane la sera della loro scomparsa, il 5 giugno 2006: ma "i bambini, verosimilmente, per sottrarsi alla consueta aggressività paterna e ad una prevedibile consequenziale punizione, avrebbero istintivamente preferito la fuga". Lo scrive il gip Romanazzi nel provvedimento di 32 pagine con cui ha concesso i domiciliari all'indagato. Pappalardi - scrive il gip - avrebbe inseguito i figli a bordo della sua autovettura, ma li avrebbe "definitivamente persi di vista (verosimilmente in zona Via Ianora, cioè proprio lungo quella strada che insistentemente, ma tardivamente, il Pappalardi ha invocato, attribuendo l' avvistamento non a se stesso ma ad altre persone)".

Filippo Pappalardi credeva che la fuga di Ciccio e Tore fosse attribuibile ad "una temporanea ragazzata", quindi "è plausibile" che l'uomo abbia cercato i figli "soprattutto nella zona vicina a via Ianora" in cui i ragazzini erano fuggiti alla vista del loro papà. "In questa stessa prospettiva - argomenta il giudice - non appare per nulla casuale" il fatto che Pappalardi si recò al Roxy bar per un cambio di moneta, perché il bar si trova su una strada perpendicolare a via Ianora e quasi incredibilmente parallela a via della Consolazione", dove sono stati trovati, il 25 febbraio scorso, i cadaveri dei fratellini. Secondo il gip, "in questa prospettiva non è del tutto casuale" che Pappalardi "abbia fornito plurime e variegate versioni sul primissimo percorso intrapreso".

"Voleva sembrare un buon padre di famiglia"
"Non valeva la pena 'per una bravata da ragazzini' mettere a repentaglio la propria reputazione di 'buon padre di famiglia', e dunque rischiare la perdita dell'agognata potestà genitoriale in via esclusiva": per questo Filippo Pappalardi, la sera del 5 giugno 2006, tardò nel dare l'allarme alla polizia dopo la scomparsa di Ciccio e Tore e successivamente fornì dichiarazioni false agli investigatori. "In questa prospettiva - argomenta il giudice - occorreva altresì eclissare la figura di Maria Ricupero, da cui aveva ottenuto il presupposto (la convivenza) per l'affidamento esclusivo dei figli; in questa prospettiva trova idonea collocazione la 'causale' del 'Buon Padre di Famiglia' che diventa elemento catalizzatore delle altre circostanze indizianti e chiave di lettura delle stesse; in questa prospettiva si inserisce anche il fatto di essersi mostrato disposto a correre il rischio di una deviazione delle indagini".

"Solo col passare dei giorni - prosegue il giudice - quando aveva cominciato a prendere corpo e spessore l'ipotesi di un accadimento ben più serio, il Pappalardi si era adoperato, ormai tardivamente, per fornire proficui spunti investigativi, non attribuendosene comunque mai la paternità della conoscenza". "L'impostazione sin qui seguita - aggiunge - trova anche una maggiore ed adeguata confacenza al contenuto delle conversazioni telefoniche ed ambientali captate. A prescindere dall'idioma utilizzato, criptico nella sua stessa semantica, si ritiene che 'le captazioni incriminanti' si spiegano tutte nell'ottica del tentativo maldestro di occultare il mendacio e le reticenze profuse, e nella esigenza di non esporsi al rischio di essere colpevolizzati".

"Non merita la scarcerazione"
Filippo Pappalardi può inquinare le prove e reiterare il reato (di abbandono): per questo motivo nei suoi confronti il gip Giulia Romanazzi ha disposto gli arresti domiciliari ritenendo l'uomo "immeritevole del beneficio della scarcerazione". Esaminando i comportamenti tenuti dall'indagato, la cui personalità viene definita estremamente negativa, il giudice scrive che Pappalardi continua ad avere "la pervicace ed ostinata volontà", manifestata anche nel corso dell'ultimo interrogatorio, di "gelosa custodia della propria colpa". Inoltre in lui è assente "qualunque segnale di ravvedimento operoso, persino all'esito di un accadimento così terrificante, qual è stato quello del ritrovamento cadaverico dei propri figli; per cui neppure 'il senso di colpa' è riuscito ad avere la meglio sull'esigenza di tutela della propria linea difensiva (ovviamente finalizzata a scagionare se stesso)".

Il giudice ritiene che Pappalardi possa inquinare le prove sia perché sono in corso indagini sia perché sta per essere compiuto un incidente probatorio per raccogliere il racconto del teste-chiave; "poichè Pappalardi - ragiona il gip - ha offerto pessima prova in ordine alla capacità di astenersi da comportamenti 'contaminanti ed adulteranti', anche per questa ragione appare immeritevole del beneficio della scarcerazione". "E' pur vero - conclude - che l'ambiente familiare è stato 'istigatore'; tuttavia, la presenza di due ragazze non figlie naturali dell'indagato e protette dalla Ricupero, e di una bambina in età ancora precoce per provocare reazioni aggressive, inducono a ritenere che la detenzione domiciliare non sia del tutto inconfacente".

L'avvocato di Pappalardi: "Decisione corretta"
"Ritengo che sotto il profilo formale il provvedimento del gip possa essere corretto: non stiamo facendo un processo, abbiamo solo stabilito i contorni di eventuali e presunte responsabilità". E' quanto ha affermato Angela Aliani, il legale di Filippo Pappalardi uscendo dalla casa circondariale di Velletri (Roma). Quando i cronisti le hanno chiesto se il magistrato ha voluto mantenere valide alcune responsabilita' attribuite al suo assistito, l'avvocato ha risposto: "Mi attengo allo stato degli atti; ho letto il dispositivo ma non ho letto le motivazioni". "Per ora i contorni che aveva tracciato l'ordinanza custodiale - ha concluso l'avvocato - non ci sono più perché il gip ha revocato quell'ordinanza".

La mamma di Ciccio e Tore: "Temevano il padre"
"Voglio solo che la giustizia faccia il suo operato in nome di Ciccio e Salvatore e che ci sia soprattutto chiarezza su quanto è accaduto'', ha detto la mamma dei due fratellini di Gravina in Puglia, Rosa Carlucci. ''Per me - ha aggiunto - sarà una giornata triste per tutta la vita, senza i miei bambini''. E ancora: ''I miei figli avevano paura del padre, ma soprattutto delle sue malefatte. Disegnavano sempre delle bare e Salvatore mi aveva chiesto che se fosse accaduto qualcosa a loro di vendicarli''.