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Moglie infedele, no a registrazioni

Cassazione dà torto a marito sospettoso

Il marito che teme di essere tradito non può registrare le conversazioni che la moglie intrattiene nella casa coniugale con lui e altri.

Per la Cassazione il diritto alla riservatezza non viene meno per chi è sospettato di infrangere i doveri di fedeltà. La Suprema Corte ha dato ragione alla procura di Milano che contestava l'assoluzione di un uomo dall'accusa di "indebita interferenza nella vita privata" della moglie.

Per la Corte d'Appello meneghina il reato non sussisteva perché "commesso nell'abitazione comune", dove i due vivevano da separati in casa in attesa di una nuova sistemazione. In proposito la Cassazione osserva che "è indiscusso che Andrea G. registrò indebitamente le conversazione che la moglie Maria F. aveva non solo con lui (nel qual caso non sarebbe configurabile una intercettazione) ma anche con terzi".

Ad avviso dei supremi giudici, "ciò che rileva ai fini della configurabilità del reato è la violazione della riservatezza domiciliare della persona offesa, non la disponibilità di quel domicilio anche da parte dell'autore dell'indebita intercettazione, né il suo rapporto di convivenza coniugale con la vittima".

La Cassazione aggiunge che "i doveri di solidarietà derivanti dal matrimonio, infatti, non sono incompatibili con il diritto alla riservatezza di ciascuno dei coniugi, ma ne presuppongono anzi l'esistenza, dal momento che la solidarietà si realizza solo tra persone che si riconoscono piena e pari dignità".

Questo "vale anche nel caso di infedeltà del coniuge, poiché la violazione dei doveri di solidarietà coniugale non è sanzionata dalla perdita del diritto alla riservatezza". Per questo i supremi giudici non hanno tenuto in alcun conto "le ragioni di allarme esposte dall'imputato nella sua memoria".