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Nazisti sparsero malaria in Italia

La scoperta di un professore americano

Era l'autunno 1943 e i nazisti in Italia erano alle corde.

Per coprire la loro fuga e rallentare l'avanzata dell'esercito alleato, ma anche per colpire l'inerme popolazione accusata di tradimento, decisero un piano mai sperimentato prima: quello di trasformare l'ambiente e spargere nella zona dell'Agro Pontino larve di Anopheles labranchiae, una specie di zanzara portatrice della malaria. E l'effetto fu devastante: in un anno i casi aumentarono da 1217 a quasi 100mila.

La scoperta, nascosta nei documenti dell'esercito americano e nelle cronache di guerra, è del professor Frank Snowden, cattedratico di storia all'Università di Yale e studioso del periodo della Seconda Guerra Mondiale in Italia. Snowden, nel suo ultimo libro La conquista della malaria in Italia, descrive e spiega un vero e proprio attacco batteriologico ante litteram ideato dai vertici dei nazisti, e in particolare da Erich Martini, un entomologo amico del comandante delle SS Heinrich Himmler, che orchestrò il piano. Mentre i soldati invertirono il flusso delle pompe idrauliche e ritrasformarono la zona dell'Agro Pontino, appena bonificata, in un grande stagno putrescente, Martini reintrodusse milioni di larve della zanzara portatrice della malaria, ormai quasi debellata nel nostro paese. Frank Snowden spiega a Tgcom come avvenne e quali furono le conseguenze nella popolazione italiana.

Professore, come è giunto a scoprire l'uso della malaria come arma chimica da parte dei nazisti?
Ho scoperto l'uso della malaria come arma biologica quasi casualmente mentre proseguivo le mie ricerche sul primo uso del DDT. All'archivio della Rockefeller Foundation, mentre leggevo i fondi sul DDT, ho trovato alcuni documenti che ritenevano che la Germania sabotò le bonifiche dell'Agro Pontino per scatenare un'epidemia. Gli autori di questi documenti erano scienziati rinomati come il malariologo americano Paul Russell.

Le larve di Anopheles labranchiae introdotte dai nazisti erano le stesse che vivevano nell'Agro pontino prima delle bonifiche oppure erano esemplari creati in laboratorio?
L'Anopheles labranchiae invase la penisola italiana durante il tardo impero romano. Quindi viveva già nell'Agro pontino prima della bonifiche.

Che impatto ebbe sui soldati americani e britannici?
I soldati alleati furono afflitti dalla malaria durante l'invasione della Sicilia durante l'estate del 1943. Come risultato di quella catastrofe medica, i governi americano e britannico presero dei provvedimenti efficaci per prottegere le loro truppe. Istruirono i soldati sulla natura della malattia e sui mezzi utili per proteggersi; distribuirono chinino e Atebrin a scopo profilattici; vietarono l'uso delle maniche corte; e sparsero larvicidi possenti su tutte le distese di acqua stagnante. Inoltre le truppe alleate erano fortunate, perché traversarono l'Agro pontino prima dell'inizio della stagione epidemica della malaria, che iniziava ogni anno a metà giugno. Gli alleati giunsero infatti a Roma il 4 giugno. Quindi, per tutta una serie di motivi i soldati americani e britannici non soffrirono la malaria se non in misura ristrettissima.

Quali furono le conseguenze per la popolazione italiana?
Le conseguenze per la popolazione civile italiana invece furono addirittura tragiche. Nel 1944 la nuova provincia di Latina aveva una popolazione di 250.000 abitanti di cui almeno 100.000 soffrivano la malaria (l'anno prima i casi registrati furono 1.217 ndr). E la campagna antimalarica non riuscì a stroncare l'epidemia prima del 1946. Questa fu davvero una delle più intense epidemie malariche di tutta la storia d'Italia.

Perché nelle cronache della guerra non si è mai fatto cenno a questo grave episodio?
Nessuno ha fatto cenno a questo grave episodio perché tutti pensavano che l'epidemia fosse soltanto un effetto involontario delle operazioni belliche e nessuno pensava che i tedeschi avessero volontariamente preso di mira gli inermi cittadini della provincia di Roma. Inoltre la decisione tedesca di sfollare l'intera popolazione che abitava la zona costiera della provincia fece sì che non ci fossero testimoni oculari del crimine di guerra commesso dall'esercito tedesco. 

I nazisti stavano progettando altri attacchi batteriologici o preparando armi chimiche?
Finora gli storici non hanno scoperto piani del genere. Sarebbe interessante però fare delle indagini approfondite in zone come il Veneto, dove le strutture delle bonifiche locali le resero vulnerabili ad attacchi del genere.

Gian Luca Rocco