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Gela, sciopero della fame contro lo Stato: "Mi sento abbandonato, voglio giustizia"

Lʼazienda di un imprenditore siciliano è stata dichiarata fallita per 37mila euro nonostante sia in attesa di riscuotere un milione di euro per lavori già portati a termine

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Non avendo più mezzi per combattere la burocrazia ha scelto di iniziare lo sciopero della fame. E così Emilio Missuto, 39enne imprenditore edile di Gela, dallo scorso 19 aprile ha deciso di protestare in modo estremo davanti al Tribunale della città siciliana in tenda o nella sua auto. La sua azienda è stata dichiarata fallita lo scorso anno per un debito di 37mila euro nonostante l'imprenditore fosse in attesa di incassare un milione di euro per lavori pubblici già realizzati in provincia di Carbonia, in Sardegna, ma mai liquidati.

Dopo 26 giorni di sciopero della fame Emilio è finito al Pronto Soccorso ma dopo una somministrazione di flebo è stato dimesso. Missuto si definisce "vittima della burocrazia e di uno stato iniquo e ingiusto". La sua rabbia è rivolta verso quei magistrati che non avrebbero tenuto conto del carattere momentaneo della sua insolvenza: la sua impresa attendeva da anni il pagamento delle fatture da un comune sardo dove aveva realizzato un'opera pubblica contestata dall'ente appaltante con un conseguente contenzioso giuridico. Lavori per un milione di euro mai liquidati che hanno portato alla chiusura della sua azienda e a catena di altre due società con un conseguente licenziamento di 50 dipendenti.

Ora Missuto è arrivato a minacciare gesti eclatanti e chiede giustizia a quelle "istituzioni statali e in particolare a quella magistratura che con me è stata severa e rapida mentre Carbonia continua a non decidere, riducendomi sul lastrico". Sul suo profilo Facebook l'imprenditore racconta la sua agonia giorno dopo giorno. E dice che continuerà lo sciopero fino a quando "qualcuno delle istituzioni non mi riceverà e mi dirà cosa devo fare per risolvere il mio problema. Spero di non dover ricorrere a qualche azione più eclatante come è successo alla famiglia di Vittoria", che si è data fuoco per difendere la casa messa all'asta.