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Escort, la D'Addario vuole 300mila € di danni

La Procura di Bari ha chiesto una condanna e sette rinvi a giudizi. Il 15 maggio attesa la sentenza

Afp

Per il caso escort Patrizia D'Addario ha avanzato la richiesta di 300mila euro di risarcimento danni. La Procura di Bari ha chiesto, oltre alla condanna a 1 anno e 4 mesi di reclusione (pena sospesa) e 600 euro di multa per l'avvocato fasanese Salvatore Castellaneta, il rinvio a giudizio per le altre 7 persone imputate nel procedimento sulle escort portate dall'imprenditore Gianpaolo Tarantini nelle residenze estive di Silvio Berlusconi.

Al termine di una requisitoria durata oltre tre ore, i pm Ciro Angelillis ed Eugenia Pontassuglia hanno avanzato le loro richieste nei confronti degli otto imputati accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere, reclutamento, induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. L'avvocato Castellaneta, detto Totò, ritenuto dall'accusa il referente per l'organizzazione delle feste private di Berlusconi a Milano, è l'unico ad aver scelto il rito abbreviato. Nei suoi confronti il gup del Tribunale di Bari, Ambrogio Marrone, emetterà la sentenza il 15 maggio.

Nella stessa data si concluderà l'udienza preliminare a carico degli altri sette per i quali la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio. A rischiare il processo sono i fratelli Gianpaolo e Claudio Tarantini, la tedesca Sabina Began, la cosiddetta 'ape regina' delle feste del premier, le attrici Letizia Filippi e Francesca Lana, e gli amici e soci in affari di Tarantini, Pierluigi Faraone e Massimiliano Verdoscia.

Nella requisitoria l'accusa ha ripercorso alcuni dei 21 episodi contestati, descrivendo, sulla base delle dichiarazioni raccolte durante le indagini e delle intercettazioni, come le ragazze venivano reclutate per partecipare alle feste e poi retribuite per le prestazioni sessuali. Un'associazione per delinquere, ha sottolineato l'accusa, finalizzata allo sfruttamento della prostituzione con lo scopo di concludere affari, come dimostrato dai contatti con i vertici di Finmeccanica. E' lo stesso Tarantini ad aver dichiarato agli inquirenti baresi: "Il ricorso alle prostitute e alla cocaina si inseriva in un mio progetto teso a realizzare una rete di connivenze nel settore della pubblica amministrazione perché ho pensato in questi anni - diceva - che le ragazze e la cocaina fossero una chiave di accesso per il successo nella società."