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Roma aspetta Lolek Santo

La città eterna era nel destino di Giovanni Paolo II

Ap/Lapresse

E' il soprannome con cui lo chiamavano in famiglia: Lolek.

 Ma, a parte la famiglia che lo ha generato e la nazione polacca che lo ha eletto a simbolo del proprio riscatto, Karol Wojtyla - il 263mo successore di Pietro con il nome di Giovanni Paolo II - ha anche un'altra famiglia di elezione: Roma.  Una città che era nel suo destino, da quando arrivò qui per studiare ventiseienne, lasciandosi alle spalle una patria, la Polonia, sbriciolata, ridotta in polvere dalle bombe della  Seconda Guerra Mondiale.  

 A Roma è stato eletto; Roma è stata teatro del terzo pontificato, il suo, più lungo della intera storia della chiesa – 26 anni e mezzo;  Roma oggi lo celebra santo.  


E si respira un'aria insolita per le strade della capitale, oggi, imbandierate ovunque dai vessilli con l'immagine sorridente di Karol.
Un'aria festosa che fa contrasto con il clima novembrino, la fine pioggerellina e gli ombrelli aperti ma che niente sembra poter stemperare:  in giro per le vie del centro di Roma si vedono ovunque comitive di pellegrini, ciascuna con la bandiera del proprio paese d'origine. Un mosaico quieto e soddisfatto che schiva pazientemente le pozzanghere tra i sampietrini e si mette in fila ordinatamente davanti ai metal detector di Piazza San Pietro. 

Ieri sera la semplice bara in legno di cipresso che ospita le spoglie mortali di Karol Wojtyla è stata issata dalla catena di un argano fuori dal loculo che la ospita nelle Grotte Vaticane. Domani mattina verrà portata in Basilica e davanti ad essa sfileranno quelle centinaia di migliaia di pellegrini che già affollano Roma e che non aspettano, in fondo, che quel preciso momento: il momento in cui potranno prostarsi davanti al corpo del nuovo Beato, ringraziarlo e affidargli i propri sentimenti, voti e speranze per il futuro. 
Prima ci sarà la grande veglia di preghiera al Circo Massimo: il luogo che forse è più di altri simbolo pagano di Roma. Qui si riuniranno i giovani di oggi e quelli che lo erano nelle diverse giornate mondiali della gioventù che Giovanni Paolo II ha voluto e presieduto con il suo ineguagliabile carisma.   Nell'anfiteatro romano risuoneranno le parole al microfono di suor Marie Simon-Pierre Normand, la donna che con la sua guarigione inspiegabile, secondo la complessa procedura di beatificazione è – tra molte altre possibili candidate – la prova vivente della santità di Giovanni Paolo II.  

“ Non so perché sono stata scelta io,” ha detto Suor Marie, “è un grande mistero. Lui è vicino a me, nel profondo del mio cuore.”   E' quello che pensano e sentono anche le moltitudini di pellegrini accorse a Roma in questi giorni per stringersi intorno al loro Santo. 
Santo Subito !  avevano decretato quelle moltitudini il giorno dei solenni funerali in Piazza San Pietro, quel venerdì 8 aprile 2005 quando un vento di tempesta sembrò agitare di proposito i fogli del Vangelo lasciato aperto sopra la bara,  e i fulmini aspettarono ad abbattersi su Roma proprio alla fine delle esequie, con straordinario tempismo. 

Dopo la lunga veglia di preghiera – che anche stavolta tutti sperano non venga turbata dalla pioggia – i fedeli si daranno appuntamento domani in Piazza San Pietro. L'apertura dei varchi già dalle cinque e mezza del mattino.   In piazza 2300 giornalisti, 16 capi di stato, 5 case regnanti.  Ma soprattutto loro, la gente comune, che ha amato questo Papa.  Che ne ha riconosciuto il profilo e l'essenza di santità molto tempo prima che qualche tribunale ecclesiastico si pronunciasse ufficialmente.   Che nell'abbraccio del colonnato michelangiolesco vuole nuovamente stringere in un sentimento d'amore e nient'altro, colui che quell'amore ha saputo semplicemente vivere (e non enunciare in qualche astratta formula) con l'essenzialità  di un gesto o di una parola. Con la limpidezza di uno sguardo da bambino. Lo sguardo di Lolek rimasto lo stesso fino alla fine anche nel volto sofferente di un vecchio .