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Serratia, il batterio che fa paura in ospedale

Pericoloso per le vie respiratorie. In rari casi provoca problemi al cuore. Sta sviluppando forme di resistenza agli antibiotici.

Serratia, il batterio che fa paura in ospedale - foto 1
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Serratia marcescens è il batterio della famiglia degli enterobatteri, responsabile della morte del neonato ricoverato agli Spedali civili di Brescia e del contagio di altri neonati.

Sta sviluppando, secondo quanto affermano gli esperti di Microbiologia Italia, forme di resistenza agli antibiotici.

Si sviluppa e causa pericolosi focolai negli ospedali, dove negli ultimi anni è cresciuto l'allarme per il fenomeno delle infezioni in corsia, causando una situazione esplosiva perché legato a quello della resistenza dei batteri agli antibiotici a disposizione.

I risultati di un programma di sorveglianza negli Stati Uniti e in Europa, indicano che è responsabile in media del 6,5% di tutte le infezioni da Gram negativi in terapia intensiva (al quinto posto tra i Gram negativi nei reparti di terapia intensiva) e del 3,5% delle infezioni nei pazienti che non si trovano in terapia intensiva.

Attualmente, la serratia è la settima causa più comune di polmonite, con un'incidenza del 4,1% negli Stati Uniti, del 3,2% in Europa e del 2,4% in America Latina, e la decima causa più comune di infezione del flusso sanguigno con un'incidenza del 2,0% tra i pazienti ospedalizzati. Il catetere urinario , per esempio, è un importante fattore di rischio per l'infezione. Pericoloso anche per le vie respiratorie. In rari casi provoca problemi al cuore. La principale via di diffusione è comunque attraverso il contatto diretto del personale ospedaliero.

La serratia marcescens è in grado di produrre un caratteristico pigmento rosso, per questo motivo, in passato, è stato descritto come il batterio con la capacità di "mascherare", proprio come fa il sangue. Lo scorso anno un'epidemia all'ospedale La Paz di Madrid aveva costretto il ministero della Salute spagnolo a chiudere l'unità di terapia intensiva neonatale dopo il contagio di 51 bambini.